Come si sviluppano i tartufi? Una storia di terra, simbiosi e gusto

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Come nasce un tartufo? Andiamo a scoprire insieme come si sviluppano i tartufi: 

dal carpoforo al ruolo degli animali che se ne nutrono

 

Trovare un tartufo sulla propria tavola è sempre un’esperienza di pura delizia: che sia il re del piatto in questione, un meraviglioso condimento o un prezioso tocco di classe culinaria, il tartufo viene a darci un sapore irripetibile e ci apre le porte del gusto. Ma per il tartufo, il piatto è solo la fine del “suo” personalissimo percorso. Già, perché il vero viaggio del tartufo inizia nel bosco, sottoterra. 

 

E allora, la domanda nasce spontanea: come si sviluppano i tartufi? Cosa li rende così rari, preziosi e soprattutto gustosi? Iniziamo allora il nostro itinerario per scoprire il processo che porta alla nascita di un tartufo: un’avventura tra scienza e boschi, tra alberi e… funghi. Ecco, cominciamo proprio da qui: il tartufo è un fungo e non un tubero. Ma prima, facciamo chiarezza con i termini!

 

Tartufo: come nasce

 

Il tartufo, da un punto di vista scientifico, è definito come il corpo fruttifero di un fungo sotterraneo della divisione degli ascomycota, funghi che producono spore che emettono dal loro asco (“sacco”, in greco antico). 

 

Un fungo ipogeo, insomma: “ipogeo”, parola che deriva dal greco antico, significa letteralmente “sotto” (ipo) e “terra” (gea). Ma la… carta di identità del nostro tartufo va anche oltre, definendone il genere (tuber), la famiglia (tuberacee), la classe (pezizomycetes) e l’ordine (pezizales, salvo alcune eccezioni). 

 

Insomma: stiamo parlando di un fungo, come altri suoi deliziosi ma ben più comuni compagni, dagli ovoli ai porcini. Ma quando si tratta di tartufo, la parte importante è il carpoforo, e cioè la parte del fungo che ne sviluppa le cellule riproduttive. Nel caso del tartufo, il carpoforo sta sottoterra, a differenza dei succitati “cugini” epigei, e cioè col carpoforo che emerge sopra la terra. 

 

Come si sviluppano i tartufi?

 

L’altra considerazione importante da fare, quando si parla della definizione e della nascita del tartufo, è che parliamo di un fungo ipogeo che vive in simbiosi: ma con chi? I tartufi si sviluppano spontaneamente, ma solo accanto all’apparato radicale di alcuni alberi – le piante simbionti – che ne permettono lo sviluppo, come le querce o i lecci. Per questo, quando si parla di coltivazione dei tartufi e di tartufaia, è da queste piante che bisogna partire; e per lo stesso motivo, i cercatori di tartufi sono particolarmente attenti alla presenza di questo tipo di vegetazione, tipica dei terreni argillosi e calcarei in cui il tartufo trova il suo ambiente ideale.

 

Anche se vive sottoterra, però, il tartufo sa come… farsi sentire: il suo caratteristico profumo, delizioso e penetrante, è il primo segno della sua maturazione. Un odore che guida anche gli allenatissimi e rodati cani da tartufo dei cercatori, cresciuti per riconoscerne la presenza anche al minimo segno olfattivo. 

 

Ma perché il tartufo possiede questo odore, tanto caratteristico quanto rivelatore? Per una questione di sopravvivenza: il profumo del tartufo maturo non attira infatti solo cani, cercatori e… noi amanti della buona cucina, ma soprattutto gli animali selvatici del bosco: dai tassi alle volpi, dai ghiri ai cinghiali. 

 

Tutti questi animali scavano quindi nel terreno alla ricerca di tartufi, e così facendo ne diffondono le spore, spargendole nel bosco. Così, quando un cercatore di tartufi si trova… battuto sul tempo da un cinghiale, non può aversela troppo a male: il suo ruolo nell’ordine naturale e nell’alternarsi delle stagioni fa sì che i tartufi continuino a svilupparsi e che la magia del tartufo continui a rinnovarsi, anno dopo anno.

 

Nascita del tartufo: la sua composizione

 

Ma da quali parti è composto un tartufo? Prima troviamo l’esterno, detto peridio, che può variare nel colore (dal bianco al nero al marrone scuro) e al tatto. L’interno è invece detto gleba e si compone di una complessa struttura di venature chiare o scure, in cui trovano posto le spore, le cellule che serviranno alla sua riproduzione. 

 

Quando le spore del tartufo si diffondono, come abbiamo detto, esse germinano (ma solo nei punti migliori per qualità del terreno, umidità e temperatura), producendo un’ifa: parola nota ai solutori di parole crociate, ma non notissima al grande pubblico. Un’ifa è un filamento di cellule allineate, che cresce in ogni direzione, intorcinandosi su sé stessa e diffondendosi, fino a diventare il micelio, che diventerà il fungo vero e proprio. Le ife, poi, trovano le radici delle piante simbionti, che il tartufo riconosce. 

 

La simbiosi è un rapporto proficuo per entrambi: l’ifa del tartufo si avviluppa intorno alla radice della pianta e a questo punto, il fungo ipogeo e la quercia, il leccio o un’altra pianta simbionte lavorano insieme. Il tartufo aiuta infatti la pianta ad assorbire acqua e minerali dal terreno, mentre la pianta, organismo autotrofo (letteralmente, “in grado di nutrirsi da sola” grazie alla fotosintesi clorofilliana), ricambia il favore dando al tartufo le sostanze nutritive che esso non sarebbe in grado di produrre da solo, essendo un organismo eterotrofo (che deve quindi procurarsi nutrimento dall’esterno). Un’amicizia che rinforza la pianta e fa crescere il tartufo. 

 

Come si sviluppano quindi i tartufi? Da un processo che continua da secoli, attraverso le spore disperse nell’ambiente e l’aiuto delle piante con cui vivono. Alla fine del viaggio, a tavola, i tartufi troveranno deliziosi accordi gastronomici con parecchi tipi di piatti, dai primi ai secondi, fino ai dessert! Un viaggio e un’avventura che può ricominciare ogni giorno, se volete conoscere meglio il tartufo… o semplicemente gustarlo in tutto il suo splendore!

 

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